
L’ideatore di questo attrezzo e del metodo di lavoro ad esso connesso è il professor Daniele Raggi che tra il 1995 e il 1997, dopo aver subìto un grave infortunio in palestra e non riuscendo a recuperare in alcun modo dal trauma subito, decide, mettendo insieme le sue conoscenze come fisioterapista e come mezierista, di sperimentare molteplici tecniche riabilitative su se stesso.
I suoi studi lo portano all’ideazione di pancafit® che una volta brevettata e diffusa riscuote un incredibile consenso a livello della comunità scientifica con riconoscimenti da tutti i terapisti e gli operatori del settore.
Questo attrezzo ha una struttura abbastanza semplice, composta da una base in ferro che quando l’attrezzo è aperto aderisce interamente al pavimento.
A questa struttura sono articolate due tavole di legno vincolate al centro della base metallica ma libere di inclinarsi dal lato opposto formando insieme una struttura a V più o meno aperta a seconda delle esigenze di lavoro che l’operatore proposto al servizio intenderà soddisfare.
Pancafit® serve a riallungare la muscolatura del corpo in modo globale in quanto i muscoli sono capaci di contrarsi in modo attivo, ma non sono in grado di riallungarsi da soli se non in modo passivo.
I muscoli retratti, con il loro funzionamento, non creano problema solo al segmento corporeo che li interessa ma, instaurando reazioni a catena, portano a una serie di compensi che conducono a uno squilibrio globale di tutto l’organismo.
Piccoli ed apparentemente insignificanti traumi che crediamo risolti da tempo possono essere ragioni di dolore e successivamente di ipomobilità.
Il corpo, in sua difesa, scappa, facendo lavorare maggiormente altri muscoli che di rimando si infiammano diventando loro stessi fonti di dolore e così via.
Con pancafit®, rispettando questo principio di causa effetto, non si sollecita direttamente la zona dolorante che generalmente, se non per traumi diretti, è una zona già stressata ovvero ipercinetica (di molto in movimento).
Si tratta, invece, la zona di non dolore ovvero ipocinetica (di poco movimento) che è diventata tale per un malfunzionamento, dipendente da molteplici cause, da ricercare nell’esperienza vissuta di ogni singolo soggetto.